News

Affitti brevi, legittimo lo stop di Bologna sotto i 50 metri quadrati

7 Aprile 2025

«Valuteremo se ci sono gli estremi per un ricorso al Consiglio di Stato. Il valore degli immobili di una città che si dà l’obiettivo di ridurre il diritto di proprietà è destinato a diminuire, una pessima notizia per i 227 mila proprietari di appartamenti a Bologna dove il fenomeno degli affitti brevi continua a ridimensionarsi».

Sono le parole del presidente dell’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi – AIGAB, Marco Celani, che rappresenta anche Cleanbnb, società di gestione al centro della vicenda finita all’attenzione del Tar Bologna.

La pronuncia 308/2025 del 31 marzo ritiene legittima l’introduzione da parte del Comune di una nuova destinazione d’uso urbanistica per gli alloggi affittati per brevi periodi e valida la richiesta che rispettino determinati standard minimi dimensionali.

Francesco Zorgno, presidente e AD di Cleanbnb, si dice dispiaciuto «dei toni trionfalistici delle amministrazioni locali dopo la pronuncia. Restiamo convinti che una sana regolamentazione sia indispensabile mentre restrizioni verticali e generaliste danneggiano solo gli operatori professionali e alimentano il sommerso».

Vicenda quella di Bologna in ogni caso non chiusa: a rivolgersi al tribunale amministrativo era stata proprio Cleanbnb dopo che si era vista respingere dal Comune tre dichiarazioni Scia perché gli alloggi non avevano la nuova destinazione d’uso urbanistica B3 introdotta lo scorso anno dalla Variante al Piano urbanistico generale. Gli appartamenti inoltre non presentavano i requisiti di alloggio minimo, ovvero erano inferiori a 50 mq.

Cleanbnb rilevava che le nuove regole avrebbero penalizzato il turista che permaneva anche una sola notte in un immobile dalle caratteristiche eccessive rispetto ai suoi bisogni, diversamente da chi risiede in modo permanente nell’immobile che, lo ricordiamo, per il Salva casa può vivere oggi in 28 metri quadri.

Censura infondata secondo i giudici amministrativi: la scelta va rapportata – scrivono – all’obiettivo di mettere sul mercato unità abitative di piccole dimensioni per categorie per le quali diversamente sarebbe preclusa la residenza in città storica, quali single, studenti e lavoratori non residenti.

Da respingere anche l’assunto che i Comuni potrebbero creare sottocategorie funzionali della destinazione d’uso solo in presenza di un diverso carico urbanistico. I giudici citano la Corte costituzionale (sentenza 94/2024) e precisano che il Comune ha esercitato poteri di pianificazione del territorio che erano nel suo diritto.

Grazie ad Annarita D’Ambrosio per questo approfondimento.

Parlano di noi