Aigab contro il Dpcm che vieta gli affitti brevi
L’associazione dei gestori delle locazioni di breve periodo denuncia la scarsa attenzione per il settore, che subisce la crisi dall’inizio della pandemia
di Paola Dezza
Protestano i gestori degli affitti brevi contro il Dpcm che vieta l’uso di seconde case prese in locazione per periodi inferiori ai 30 giorni. E lo fanno uniti nella associazione di settore Aigab. Una decisione che peraltro penalizza i proprietari italiani che contano sulle rendite derivanti da affitti a breve o medio termine per arrivare alla fine del mese. Sono duri i vertici di Aigab e denunciano: «O il Governo non ha capito il settore, non lo conosce e non ne comprende né la realtà né le potenzialità ampiamente dimostrate, o sta scientemente tutelando gli interessi della sola ricettività tradizionale rispetto a quelli delle aziende che operano professionalmente sul mercato italiano degli affitti brevi e a medio termine».
L’associazione italiana gestori affitti brevi, fondata dalle più grandi aziende italiane del settore (presidente è Marco Celani di Italianway, vice presidente è Michele Ridolfo di Wonderful Italy, consiglieri sono Francesco Zorgno di CleanBnB, Davide Ravalli, Co-founder e Head of M&A di Altido, e Rocco Lomazzi, Founder & Chairman di Sweetguest), prende dunque posizione contro la decisione del Governo di consentire, a chi si sposta fuori Regione per lavoro, di pernottare anche una sola notte in hotel inibendo invece la possibilità di scegliere un’altra soluzione di soggiorno quale un regolare contratto di affitto breve sotto i 30 giorni. E soprattutto prende posizione contro la decisione appena annunciata di «consentire gli spostamenti fuori Regione, oltre che nella casa di proprietà o in un’abitazione messa a disposizione da parenti, in una casa presa in affitto solo se per un periodo superiore ai trenta giorni ma con contratto firmato prima del 14 gennaio, fermando di fatto il settore» dicono.
Le case gestite professionalmente prevedono protocolli di pulizia e sanificazione certificati – ci tengono a precisare – per il cui adeguamento gli imprenditori hanno speso migliaia di euro in dispositivi ad hoc.
«E perchè se ci si sposta per lavoro fuori Regione è lecito pernottare in hotel ma non lo è affittare un intero appartamento ad uso esclusivo, sanificato e sicuro e con un regolare contratto da un operatore professionale registrato alla Camera di Commercio che si fa garante anche di fronte allo Stato che tutti gli adempimenti richiesti a livello fiscale, burocratico e normativo vengano espletati?» aggiungono.
Il settore è stato il più compito all’inizio della pandemia. Lo stop ai viaggi di lavoro e di vacanza ha fermato il segmento degli affitti brevi nelle città d’arte ma anche nelle location turistiche.
«Proprio nel momento in cui molti operatori stavano registrando la ripresa delle prenotazioni da parte di italiani in fuga da appartamenti piccoli ed inidonei a consentire una qualità della vita soddisfacente (come famiglie con figli perennemente in DAD e genitori a lavorare da remoto fino a data da destinarsi che avevano optato per l’affitto, anche di diversi mesi, di case isolate, in montagna, al mare, in campagna, allo scopo di trascorrere mesi in smart working fuori città) il Governo sceglie di fermare nuovamente il settore» sottolineano.
L’associazione rappresenta quasi 30mila imprese che hanno registrato una riduzione media del 45-50% del proprio fatturato.
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