Stop agli affitti brevi fuori regione: l’Aigab contesta il governo
“O il governo non ha capito il settore, non lo conosce e non ne comprende né la realtà e né le potenzialità ampiamente dimostrate, o sta scientemente tutelando gli interessi della sola ricettività tradizionale”. È quanto dichiarato da Aigab, l’Associazione italiana gestori affitti brevi, dopo il divieto da parte del governo di affitti brevi e a medio termine fuori regione.
“Francamente – si legge nella nota dell’associazione – ci appaiono decisioni incomprensibili: se le case gestite professionalmente prevedono, infatti, protocolli di pulizia e sanificazione certificati per il cui adeguamento gli imprenditori hanno speso migliaia di euro in dispositivi ad hoc, come si può essere certi che la casa imprestata dal parente che magari vi ha soggiornato fino al giorno prima perché ne è il proprietario sia stata sanificata e sia quindi sicura per i nuovi occupanti? E perché se ci si sposta per lavoro fuori Regione è lecito pernottare in hotel ma non lo è affittare un intero appartamento a uso esclusivo?”
Parliamo di aziende che in questi mesi, fin dal crollo delle prenotazioni nel febbraio 2020, hanno fatto i salti mortali per difendere i propri dipendenti e tenere vivo l’indotto generato dal turismo professionale in appartamento. “Come tutti gli imprenditori che non hanno intenzione di soccombere di fronte alla crisi, abbiamo messo mano alla cassa e trovato il modo per pagare gli stipendi ai nostri dipendenti, rimborsare le prenotazioni cancellate, pagare i fornitori, tenere vivi gli immobili con le manutenzioni programmate, alimentarne la visibilità sui portali anche internazionali in attesa che il turismo riparta e si possa riprendere a viaggiare”, spiega Aigab.
Proprio nel momento in cui molti operatori stavano registrando la ripresa delle prenotazioni da parte di italiani in fuga da appartamenti piccoli e inidonei a consentire una qualità della vita soddisfacente, “il governo compie una scelta liberticida e discriminatoria – conclude Aigab – Rappresentiamo quasi 30mila imprese. Chiediamo pari trattamento rispetto agli altri operatori dell’accoglienza e che si ufficializzi la decisione, per ora appena abbozzata, di superare il calcolo dei ristori basato esclusivamente sul calo di fatturato di aprile 2020 sull’anno precedente e dei codici Ateco”.
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