Spostamenti tra regioni vietati, ma nessuno controlla chi alloggia in albergo o affitta casa
Giuliano Balestreri
Il divieto di spostamenti tra Regioni è stato prorogato fino al prossimo 27 marzo, ma solo sulla carta. D’altra parte ci sono deroghe per tutti: chi ha una seconda casa di proprietà o in affitto da prima del 14 gennaio scorso è libero di muoversi in lungo e in largo in tutta Italia. Può continuare a spostarsi chi ha necessità di lavoro e di salute. Un diritto sacrosanto, ma che permette anche ai vacanzieri di raggiungere un qualsiasi albergo dotato di Spa. Addirittura sono diversi gli hotel che per evitare l’emorragia di ospiti hanno assunto osteopati o fisioterapisti per giustificare la presenza di clienti da fuori regione. C’è quindi chi continua a violare le regole cercando di mantenere una parvenza di legalità, ma c’è anche chi ignora i divieti confidando sul fatto che nessuno controlla gli spostamenti.
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“Ci mancherebbe che chiedessero a noi di verificare perché un ospite alloggia nella nostra struttura – sospira un albergatore -. Certo c’è chi arriva da solo, magari per motivi di lavoro, e chi si presenta con tutta la famiglia. Molto probabilmente, in questo caso, per motivi di turismo, ma perché dovremmo essere noi a intervenire. Ogni sera inviamo i nominativi degli ospiti alla polizia. Dovrebbero essere loro a verificare”.
Una situazione che accomuna albergatori e gestori di appartamenti: “Sulle città non abbiamo problemi, dai dati che abbiamo pare che tutti si muovano per lavoro. In montagna c’è da registrare un crollo delle prenotazioni. Tuttavia, mentre c’è chi si è spostato all’interno della regione, c’è sicuramente qualcun altro che ha varcato i confini” dice Marco Celani, presidente di Aigab, l’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi. Anche i soci Aigab, così come gli albergatori, comunicano quotidianamente al dipartimento di pubblica sicurezza le presenze nei loro appartamenti, ma poi i controlli restano sulla carta.
“In Italia – prosegue Celani – siamo draconiani nell’imporre norme restrittive, ma non poi non effettuiamo alcun controllo. A questo punto sarebbe meglio regolarizzare gli spostamenti, cercando di garantire la salute pubblica attraverso la certificazione delle strutture e il rispetto delle norme anti covid ovunque. Dagli appartamenti in affitto agli alberghi”.
Motivo per cui l’imprenditore critica la decisione di vietare – a differenza di quanto accaduto la scorsa estate – il cosiddetto holiday working in una casa al mare o in montagna. “Abbiamo visto che per coniugare smart working e vacanze gli italiani hanno sperimentato metodi innovativa affidandosi al digitale. Una soluzione che ha dato respiro all’economia generando anche un indotto importante, ma adesso non si può più fare, quando invece bisognerebbe incentivare la possibilità di andare all’aria aperta e in luoghi diversi anziché concentrarsi tutti in città. Serve un trade off tra impatto economico e salute pubblica”. Un equilibrio che al momento sembra difficile da raggiungere, ma che senza controlli di alcun tipo sul territorio rischia solo di penalizzare migliaia di piccoli imprenditori.
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