“Il tema del caro affitti merita di essere affrontato con analisi approfondite, partendo dai dati e discutendo con le controparti interessate soluzioni che non siano penalizzanti sulla base di pulsioni emotive.
Un contributo positivo viene da Giuliano Balestreri con questo articolo su La Stampa. I numeri dicono che in Italia ci sono molte più abitazioni sfitte di quante siano online per affitti brevi. 9,5milioni le case sfitte in Italia (dato ISTAT), circa 640mila quelle online (dato Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi – AIGAB) pari a meno del 2%. Nelle grandi città il dato cambia, ma non di troppo complessivamente. A Milano ad esempio ci sono 187mila case affittate a lungo termine e circa 15mila online. Troppo poco per influire, soprattutto a fronte delle 97mila case sfitte della città.
Il mercato degli affitti brevi si rivolge prevalentemente a settori business e viaggiatori, le case che hanno questa destinazione sono online per periodi limitati (spesso i proprietari continuano ad utilizzarle e comunque non vogliono bloccarle per lunghi periodi), sono case centrali, tipicamente mai entrate nei circuiti per studenti (la sovrapposizione è pochissima). Le case per gli studenti sono vicine alle Università o in semiperiferia, più grandi di quelle del breve, destinate al lungo termine da tempo. Il grande problema del momento è dato dall’adeguamento ISTAT che pesa il 7,4% sugli affitti a lungo termine (14,8 se l’aumento è biennale), in combinata con l’incremento del costo utenze, che è a carico dei conduttori nel 4+4 e a carico dei proprietari nel caso degli studenti.
Il fenomeno è complesso e politiche di lungo periodo sarebbero dovute partire decenni fa. Oggi il tema scotta e va affrontato. Noi daremo un contributo basato su dati. Una cosa è certa, venerdì prossimo Moody’s darà la pagella al debito italiano e le istituzioni non si possono permettere una mannaia non ragionata su un settore, quello degli affitti brevi, che vale 50miliardi di PIL.”
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