NOTA STAMPA AIGAB-Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi su bozza ddl locazioni turistiche del 06-09-03
AFFITTI BREVI, AIGAB CONTRO NUOVA BOZZA SANTANCHÈ: OPPORTUNITÀ PERSA PER IL PAESE, COLPITI I PROPRIETARI (ABOLITA LA CEDOLARE SECCA PER CHI HA PIU’ DI 2 CASE E NECESSITA’ DI P.IVA) E ALBERGATORI FAVORITI
Marco Celani, Presidente AIGAB – Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi: “È importante che il Governo stimoli i proprietari di seconde case inutilizzate a metterle a reddito rendendone semplice ed efficiente l’affidamento a operatori specializzati che le promuovano online, nel totale rispetto delle normative, con flussi di denaro tracciati, raccogliendo tassa di soggiorno e versando la cedolare secca. Solo così si potrà sviluppare un’offerta alternativa e complementare a quella degli hotel, in grado di ripopolare i borghi e le località oggi sconosciute, che possono essere promosse sul web con gli strumenti della digital economy”.
Milano 7 settembre 2023
La nostra opinione è che siamo in presenza di un testo peggiorativo rispetto alla prima bozza del ddl locazioni turistiche messa a punto dal Ministero del Turismo.
Di fatto sono state accolte richieste del mondo alberghiero volte a introdurre limitazioni attraverso complessi adempimenti relativi agli immobili (assoggettamento alle norme antincendio, introduzione nelle case di rilevatori di monossido di carbonio), incomprensibili restrizioni dirette volte a rendere meno conveniente il ricorso a questo strumento (come quelle del minimum stay, quindi possibilità di affittare una casa solo soggiornando almeno due notti) o rendere più complicata la vita del proprietario (costringendolo a diventare imprenditore nel caso abbia 3 o più immobili, mentre prima la soglia era di 5).
Ogni proprietario in tutta Italia che abbia più di due appartamenti messi a reddito con gli affitti brevi sarà escluso dalla cedolare secca e costretto ad aprire partita IVA con l’obbligo di iscriversi al registro imprese e tenere la contabilità. Ancora da chiarire cosa intenda la norma per imprenditorialità perché ogni regione ha una diversa definizione. Nella peggiore delle ipotesi la norma può essere interpretata per chiunque faccia locazioni turistiche costringendo anche il singolo proprietario ad aprire P.IVA e rinunciare alla cedolare secca.
Positivo, come abbiamo invocato più volte, che il ddl centralizzi con l’introduzione sacrosanta del CIN nazionale e demandi ai sindaci, che non avranno alcuna autonomia su ulteriori limitazioni, l’onere dei controlli.
Più costi e minori ricavi è inoltre la conseguenza con cui dovranno fare i conti i gestori professionali, adeguandosi alle nuove norme, ed i proprietari onesti, che dovranno spendere di più per rispettare i requisiti introdotti.
Queste misure avranno come conseguenza negativa un minor gettito per l’Agenzia delle Entrate e, a causa della diminuzione del prodotto, meno offerta per i viaggiatori spinti verso gli hotel.
La nostra delusione nasce anche dal fatto che si perde l’opportunità di riconoscere una categoria di imprenditori che ormai conta circa 30mila professionisti, rimuovendo ogni timido riferimento ai gestori professionali. Forse l’andamento della stagione degli hotel di scarsa qualità li ha spaventati rispetto all’emergere di una figura, quella del property manager o gestore professionale, che cura la qualità dell’offerta e si occupa in modo strategico delle recensioni degli ospiti rispetto alla loro esperienza di soggiorno.
Si innalzano delle sanzioni di facciata che però sono più confuse di quanto fossero nel testo precedente.
In sostanza si penalizza un settore, quello degli affitti brevi, che a fine 2023 farà registrare a livello nazionale un valore di prenotazioni di circa 11miliardi di euro, con un indotto sul PIL di ulteriori 44miliardi di euro.
Ricordiamo che rispetto all’asset delle seconde case degli italiani non utilizzate, circa 9,5 milioni, quelle immesse nel circuito degli affitti brevi sono solo 640 mila (rappresentando l’1,5% delle abitazioni nazionali). Di queste circa 200mila sono gestite da aziende. Complessivamente, gli operatori professionali sono circa 30 mila, con un indotto nel mondo del lavoro tra 120 e 150mila persone.
Per la cronaca, a proposito della pizza di Milano: secondo dati Istat a Milano ci sono 1,4milioni di case. Da airDNA ne risultano 17,7mila online, quindi solo l’1,2% degli alloggi esistenti in città sono proposti on line come affitti brevi.
Gli annunci online sono complessivamente 23mila (fonte Inside Airbnb) ma le case stabilmente affittate (quelle che hanno preso almeno una prenotazione) sono 6.150.
Ancora per la cronaca, a proposito della piazza di New York dove il numero delle case messe a reddito con gli affitti brevi è davvero irrisorio ed irrilevante.
Ad agosto 2023, infatti, il portale Inside Airbnb ha mappato circa 43mila annunci online a NYC, di cui il 42% sono camere in condivisione e il 56% case intere.
Rispetto al totale delle case esistenti nella Grande Mela (che sono circa 7,8milioni), stiamo quindi parlando di un’incidenza dello 0,5% del totale annunci e dello 0,1% di quelli frequentemente e abitualmente affittate.
Si tratta di dati che dimostrano in maniera evidente che la decisione di limitare gli affitti brevi è ingiustificata e risponde alla necessità di accontentare interessi particolari e non risponde ad un allarme reale. A NYC come, purtroppo, a casa nostra.
ANALISI E COMMENTO ARTICOLO PER ARTICOLO DEL DDL LOCAZIONI TURISTICHE DEL 6-9-2023
Art. 1 – finalità
Cambiano le finalità del DDL. Mentre le finalità del precedente testo erano volte a contrastare “il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali e a salvaguardare la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento” il nuovo testo ha lo scopo di fornire una disciplina “uniforme a livello nazionale nonché di contrastare il fenomeno dell’abusivismo nel settore”. Nulla cambia a livello normativo ma ci sembra di poter dire che il processo di ascolto del Ministero ha portato a escludere la responsabilità dell’overtourism e dello spopolamento dei centri storici grazie ai dati che rilevano l’esiguità del numero di immobili destinati a questa finalità (meno del 2% a livello nazionale) rispetto all’enorme numero di immobili vuoti (pari a 9,5milioni, circa il 27% del patrimonio immobiliare totale).
Qui finiscono i miglioramenti al testo dal nostro punto di vista.
Art. 2 – definizioni
È sostanzialmente inalterata la definizione di “locazione per finalità turistiche” si fa esplicito riferimento a soggetti “che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici”, facendo ritenere che gli immobili promossi mediante gli affitti brevi possono essere gestiti esclusivamente da:
- I proprietari stessi, comunemente detti gli host;
- Property manager, a patto che siano dotati di una agenzia immobiliare;
- Portali telematici, comunemente dette OTA, tra cui ovviamente si devono intendere anche tutti i portali di promozione gestiti dai property manager stessi.
Si mantiene inalterato l’onere per l’intermediario o il gestore che incassa per conto del proprietario di raccolta e versamento della cedolare secca, come definito dal dl 50 del 2017.
Si conferma, curiosamente inserita tra le definizioni, la restrizione, richiesta esplicitamente da Federalberghi di introdurre un minimum stay di due notti nei 14 comuni metropolitani) nei quali chi vorrà pernottare una notte dovrà andare in hotel, ammesso che ne trovi uno.
Il numero di soggiorni di una notte pesa all’incirca un 5% del valore delle prenotazioni nel mondo affitti brevi e avrà un impatto economico sicuramente depressivo sul PIL, soprattutto nelle grandi città dove si può arrivare al 30% delle notti e al 15%/20% dei ricavi, ipotizzando che solo una parte verrà recuperata dal mondo alberghiero. Ovviamente questa è la classica norma che mette in difficoltà gli operatori professionali a vantaggio dei furbi, benchè sia prevista una sanzione fino a 5.000 euro (per aver affittato una casa per una sola notte. Ci sono reati molto più gravi sanzionati molto meno. Che curioso paese stiamo diventando!).
La previsione di tutelare le famiglie numerose è stata eliminata.
La seconda agisce su una norma del 2020 già controversa che fa diventare imprenditori i locatori di tre appartamenti. Da codice civile oggi si diventa imprenditori quando si esercita professionalmente una attivita’ economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (art. 2082 del cc). Chi affitta 3 case magari mediante un agente immobiliare o un property manager sembrerebbe diventare soggetto all’apertura di una P.IVA e ad una serie di adempimenti fiscali e operativi che snaturano completamente l’attività di locazione. Non è detto peraltro che questa disciplina avvantaggi l’Agenzia delle Entrate, potendosi con questa modalità, scaricare una serie di costi oggi indeducibili per i proprietari persone fisiche.
Art. 3 CIN
Il legislatore introduce, o meglio riafferma l’obbligatorietà del di un codice identificativo nazionale, il CIN, che però nel nuovo testo viene collegato all’immobile e non specifica, come il testo precedente che può essere chiesto dal proprietario o da un gestore. Viene meno il chiaro riconoscimento dei gestori, anche se genericamente le responsabilità della gestione e degli adempimenti “gravano su chi presenta l’istanza”.
Rimane il fatto che il codice identificativo nazionale sostituisce quello regionale, anche quando ne è stato assegnato uno, affermando la supremazia del diritto del ministero del turismo a centralizzare l’attività di raccolta informazioni, anche se rimangono le regioni i soggetti che dovranno concedere i CIN, mentre saranno i comuni a dover controllare l’applicazione del CIN su tutte le piattaforme e su tutti i canali di promozione, incluso il portone dell’immobile. Anche oggi le piattaforme hanno l’obbligo di esporre il codice identificativo che è al momento regionale, ma in carenza di controlli e di blocchi automatici è impossibile per i portali inserire blocchi senza aver concordato con le regioni la struttura dei codici. In altre parole, l’operatore illegale può inventarsi un codice, inserirlo nel portale che non ha oggi modo di controllare e nessuno ha modo di controllare. La speranza è che con il CIN sia la stessa banca dati ad inviare i codici alle piattaforme, chiedendo loro di bloccare i codici non riconosciuti (come avvenuto in Grecia ad inizio anno, dando risultati incredibili in tema di lotta all’abusivismo e al sommerso). Avevamo espresso questa posizione al Ministero, ma di questa intenzione non vi è traccia.
È definito che sarà il MITUR ad inserire i CIN ricevuti dalle regioni nella banca dati nazionale (già istituita nel 2019) con modalità che però dovranno essere concordate con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, che vuol dire che se non si trova l’accordo con le regioni la banca dati, sulla quale si sono già fatti molti investimenti, potrebbe restare lettera morta.
Ricordiamo che la banca dati non si occupa solo di affitti brevi, ma anche di strutture ricettive in generale, quindi il MITUR chiede alle regioni di trasmettere dati relativi ad alberghi, B&B, agriturismi, rifugi alpini, campeggi, dimore storiche, affittacamere, residence e cabine delle navi da crociera (tutte le categorie che ISTAT individua come strutture ricettive).
Altra novità è che il nuovo CIN dovrà contenere il numero massimo di posti letto per ogni immobile.
Non esporre il CIN per ogni annuncio costerà (non si capice più se all’host, al gestore o alla piattaforma) una sanzione da 500 a 5000€ e l’immediata rimozione dell’annuncio. Non avere richiesto il CIN sarà sanzionato fino a 8000€. Il controllo e la sanzione spetteranno ai vigili comunali o alla polizia, non è chiaro con che perimetro. Ipotizziamo un controllo sui portoni per i vigili, un controllo sui portali per la polizia postale, ma non è così specificato nel DDL.
Art. 4 requisiti soggettivi del locatore per finalità turistiche
Si introduce una restrizione soggettiva rispetto al fatto che chi è stato riconosciuto mafioso, condannato a più di 3 anni o essere ai domiciliari non possa affittare un proprio immobile.
Art 5 Requisiti degli immobili
Sui requisiti delle case che possono essere affittate Il Governo ha accolto la richiesta di Federalberghi di sottoporre interamente alla stessa disciplina degli alberghi anche le case singole in termini di normativa antincendi, di strumentazione per la rilevazione del monossido di carbonio, mentre era già previsto dalle normative regionali che gli impianti fossero a norma.
Art 6 Locazione per finalità turistiche in forma imprenditoriale
Questo articolo è di difficile interpretazione perché da un lato conferma la necessità per la forma imprenditoriale di presentare una SCIA, come peraltro già funziona oggi in tutte le regioni, dall’altro sembra assoggettare anche il singolo proprietario che si avvale di intermediari alla disciplina dell’imprenditore, anche da un punto di vista fiscale, facendogli perdere il diritto alla cedolare secca, peraltro introducendo una sanzione fino a 10.000€.
Se questa interpretazione fosse confermata centinaia di migliaia di proprietari dovrebbero aprire una P.IVA solo per poter affittare i loro immobili, introducendo una discrasia enorme rispetto ai contratti 4+4. Sarebbe un enorme passo indietro rispetto all’introduzione della cedolare secca nel 2011 che ha contribuito a far emergere molto sommerso. Inutile dire che in molte località turistiche in cui le famiglie possiedono più immobili e non ci sono hotel si tornerebbe dalle prenotazioni online tracciate agli affitti in nero, limitando il turismo ai conoscenti italiani rispetto alla capacità di attrazione di turismo straniero che i grandi portali offrono.
È stato rimosso ogni riferimento alla figura dei gestori professionali che si intravedeva nel precedente documento con la richiesta all’ISTAT di un codice ATECO specifico.